Confessione: un sacramento da rottamare?

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Pensieri sparsi e spunti di riflessione

La confessione – ma è meglio chiamarla “sacramento del perdono” – non gode oggi di buona salute: è poco praticata e rimane piuttosto incompresa. Le cause di questa disaffezione sono diverse e complesse.

Una causa è la perdita del senso del peccato. Senza timore di esagerare si potrebbe dire che da una situazione in cui tutto veniva ritenuto peccato, siamo passati a un’altra, la nostra, in cui sembra che niente sia più peccato. Le cause sono più d’una. La prima è che ci sentiamo meno facilmente peccatori, perché ci riteniamo meno facilmente liberi. Psicologi, psicanalisti e sociologi parlano spesso dei condizionamenti ambientali e dei complessi psicologici che riducono la responsabilità dei nostri atti, atteggiamenti e scelte di vita. Tutti siamo allora portati a sentirci più vittime che colpevoli: vittime degli altri, della società, di carenze educative, di tare ereditarie, di complessi, tabù e frustrazioni. Il bene morale viene identificato semplicemente con il benessere psicologico, e il sacramento, quando rimane, tende a diventare dialogo amicale, sfogo emotivo, colloquio intimo, per inseguire una forma di liberazione psicologica. Ma allora non sarebbe più efficace una psicoterapia o un training autogeno? Ciò non toglie che infrazioni, abusi e delitti si commettano. Ma non vengono percepiti come peccati; vengono considerati piuttosto come reati. Un reato è la trasgressione di una legge; il peccato è una colpa che infrange l’alleanza con il Dio-Amore. Nel clima relativistico dei nostri giorni ognuno segue la propria spontaneità e il proprio sentimento, ma si riduce a questo quella “cosa” che si chiama coscienza?

Per capire il senso del peccato è indispensabile la parola di Dio

Ci fa passare da un dio giustiziere al Dio ricco di misericordia. Da un dio giudice al Dio Padre-Abbà. Papa Francesco più volte ha martellato: “Dio non si stanca mai di perdonarci; siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”. Inoltre la Parola di Dio ci fa passare dai peccati al peccato, aiutandoci a risalire dai singoli atti peccaminosi alla causa di essi (lo stato di peccato) e quindi ci consente di mettere la scure alla radice, favorendo una inversione ad U e correggendo l’orientamento fondamentale della nostra vita: la conversione dall’egoismo all’amore. Elencare scrupolosamente tutti i peccati, anche i più minuti, senza aver prima individuato la loro radice (gli atteggiamenti peccaminosi) è come combattere la febbre, senza prima individuare la malattia da cui è provocata.

Ma infine, perché ci si deve rivolgere a un prete per avere il perdono di Dio? Bisogna ripartire da Gesù, il quale è venuto a dirci e a darci la misericordia del Padre per noi peccatori: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Marco 2,17). Per mezzo di Gesù “abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati” (Colossesi 1,14). Gesù ha affidato questa missione ai suoi apostoli, alla Chiesa: “Ricevete lo Spirito santo: a chi perdonerete i peccati saranno perdonati” (Giovanni 20,22-23). Con questo compito il Cristo risorto ha mandato gli apostoli nel mondo. I vescovi sono i successori degli apostoli e, a loro volta, trasmettono ai presbiteri il dono di perdonare.

+ Francesco Lambiasi